Storia & Territorio

L'età moderna, lo spopolamento e il successivo rinascimento di Villasimius

Villasimius dovette affrontare lo spopolamento causato dalle incursioni piratesche, da cui si riprese solo nel 1820 con la rifondazione del generale Incani e il ripopolamento di agricoltori della zona, pescatori, soldati e prigionieri. Nel 1838 venne eretto a comune autonomo e nel 1862 assunse la denominazione attuale

A partire dal tardo Medioevo, le incursioni sulle coste della Sardegna di pirati provenienti dall'Africa assunsero una frequenza sistematica che minò la sopravvivenza stessa di intere comunità. Nonostante le numerose torri di avvistamento erette un po’ ovunque, alcune aree costiere dell’isola furono soggette a un progressivo spopolamento e Villasimius non fu estranea a tale, triste fenomeno. Il paese rimase quindi disabitato per secoli fino a quando, nel 1820, il generale Incani ricevette l’area in concessione dal marchese di Quirra e vi eresse una chiesetta e alcune case. In breve, il paese fu ripopolato da pastori e contadini della zona, da pescatori napoletani, dai soldati dell'isola dei Cavoli e dai prigionieri della colonia penale di Castiadas, impegnati nella raccolta del cotone.

Una data spartiacque nella storia di Villasimius è il 1838, allorché il paese venne scorporato dalla vicina Sinnai ed eretto a comune autonomo. Il 17 agosto 1862, il consiglio comunale decise di assumere la denominazione attuale: fino a quel momento, infatti, il nome del paese era Carbonara. Storicamente le uniche risorse del paese erano state l'agricoltura e la pastorizia ma dal 1875, grazie all'apertura degli impianti estrattivi di granito, vi si aggiungeva anche l’industria mineraria. Fino agli anni Cinquanta, Villasimius era immersa in un sostanziale isolamento dovuto alla strada dissestata da affrontare per raggiungere Cagliari, ma con il miglioramento delle vie di comunicazione ebbe inizio anche lo sfruttamento turistico.

 

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